Anna Maria Conti – atelier

SCHEDA BIOGRAFICA

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CUPIDO E IL FRECCIAROSSA

L’autunno era appena iniziato, le temperature subivano vari sbalzi termici, ci si vestiva a strati, a cipolla.

Cupido era appena rientrato dalle vacanze nei luoghi di villeggiatura in cui aveva fatto tappa e si era dato un gran daffare. Amori nuovi erano nati, alcuni, ahimè, erano sfioriti, per dar vita ad altri, rigenerati con prospettive di nuove emozioni.

Cupido era affaticato e decise di rientrare in città. Alla televisione, aveva sentito la pubblicità del treno ad alta velocità, denominato Frecciarossa. Quel nome gli piaceva, gli era un po’ familiare e poi sarebbe arrivato prima dai suoi amici che l’aspettavano: Eros, Passione, Orgasmo; perciò, senza alcun indugio, corse a comperare un biglietto. I suoi bagagli erano: una faretra, una marea di frecce acuminate e una sacca con mazze da golf. Ultimamente si dilettava in questa pratica sportiva, andare a buca lo mandava in escandescenze, gioiva come un bambino che corre su e giù con il triciclo nel cortile dei nonni.

Salì sul treno, spintonato da un baldo giovanotto, che indossava un giubbotto in pelle e un paio di mocassini pitonati; portava con sé una valigia color cuoio, con rifiniture di pregio, della più rinomata fabbrica di pelletteria. Il controllore lo invitò a sedersi al posto prenotato: sedile numero 17, finestrino. Lui non era superstizioso, e quando glielo assegnarono non fece alcuna espressione terrificante. Si sedette, guardò l’orologio, dopo aver deposto sull’apposito ripiano tutti i suoi bagagli. Poi, aprì un quotidiano: L’eco del cuore. Lesse e rilesse le lettere, che molti lettori scrivevano al caporedattore, che rispondeva alla rubrica Cuori riciclati.

Sollevò ad un tratto lo sguardo e vide una donna dall’apparenza giovanile che stava cercando il suo posto, dopo averne preso visione dal biglietto che teneva tra le mani. Capelli rossi, occhi scuri, sorriso accattivante; indossava un vestito, che le fasciava i fianchi mettendone in risalto le sue curve morbide: un tocco di femminilità, che non sfuggiva a chi gettava con lo sguardo segnali intraprendenti di possibile corteggiamento. Lei si sedette disinvolta, non aveva bagagli, solo la sua borsetta colma di ogni cosa, un archivio di frivolezze, varie ed eventuali: si sa, le donne riescono a ingravidare anche uno zaino riempiendolo.

Cupido s’accorse di come il suo sguardo cadesse a più riprese su ogni passeggero di sesso maschile, era alla caccia di un amore forse, ma quale? A tratti gli sembrò che fosse inquieta, timorosa, un po’ pensierosa, lo sguardo frugava i maschi ma poi fuggiva per tuffarsi sulle pagine di un libro che leggeva senza molta convinzione.

Cupido decise di rivolgerle la parola: “Salve, anche lei va a Milano? Crede che pur essendo veloce potremmo anche portar ritardo?”. Pensava di formulare domande intelligenti ma ne uscivano di così banali che forse non meritavano neppure risposta. Lei rispose, invece, con tono pacato: “Sì, vado a Milano. In quanto al ritardo, spero proprio di no, ho un appuntamento”.

La parola appuntamento risuonò come un campanello: ma allora a Milano qualcuno l’attendeva? Non aveva fede al dito e nemmeno anelli che facessero intuire un possibile fidanzato. Il tarlo della curiosità lo rodeva ma non poteva farle il terzo grado. Cambiò domanda alquanto frettolosamente, ma gli venne: “Ha figli?”.

Quella parola la fece sussultare, cambiò espressione e rispose con un cenno del capo che era un sì sottomesso e malinconico. Cupido intuì d’aver toccato un tasto dolente e si scusò. Per rasserenarla pensò di farle un complimento: “Lo sa che ha un bellissimo sorriso? Lo regali più spesso. Vedrà, farà bene a lei e a chi le vuole bene”.

Lei poi formulò a lui una domanda: “Mi scusi ma va a caccia con tutte quelle frecce? Mi perdoni ma non ho potuto fare a meno di notarle”. Lui esplose in una risata e perfino la sua pancia ondeggiò un po’, cullata dal riso. “Forse non mi crederà ma io sono Cupido”. Lei lo guardò con una nota di sarcasmo e disse: “Eh sì, e io sono la Gioconda”.

“Non mi crede, come immaginavo, mi metta alla prova: mi indichi qualcuno che tra i presenti le piace e vedrà che farò meraviglie”.

Lei lo guardò perplessa, chiuse il libro. L’altoparlante intanto annunciò l’arrivo a Milano. S’affrettò, ma prima di scendere gli strinse la mano e gli disse: “Tranquillo, Cupido o no, meglio che me lo cerco da me l’amore. Sa con le traiettorie delle frecce non si può mai sapere, possono nuocere gravemente al cuore”.

Poi portò il palmo della mano alle labbra e fece planare un bacio verso quell’omino compagno di viaggio su un treno ad alta velocità.

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LA MAGIA DEI COLORI

Immaginate, una meravigliosa scatola di colori, ad uno ad uno vicini,
ben temperati e in trepida attesa d’essere usati.
Coloreranno la natura, con la fantasia di bambini e artisti,
ne coglieranno la bellezza, in ogni suo aspetto.
Potremmo entrare anche noi in punta di piedi,
in questa magia di colori, senza fare troppo scalpore,
senza sbraitare, ponendo l’armi e le infuocate parole,
senza erigere piramidi di giudizi e pregiudizi,
allargando le braccia e gli orizzonti, abbattendo confini e ponti;
setacciando nella storia, per imprimerci nella memoria,
il tormentato cammino di chi cercando la libertà,
non ha perso la dignità e il rispetto,
cercando di costruire un mondo più perfetto.
Un fantastico dipinto, con la meravigliosa scatola di colori
che ci regala un arcobaleno, sotto il quale potremo danzare
in un girotondo poterci abbracciare.

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