La tematica sociale

UN PO’ DELLA MIA ARTE

Un terreno arido, macerie e palazzi semi-diroccati, ciò che rimane dopo ripetuti bombardamenti; sotto un cielo grigio, un bambino sta correndo, allontanandosi dalla scena in primo piano: una bambina sta per togliere l’anello di sicurezza da una granata. Forse pensa sia un gioco, qualcosa di cui la guerra l’ha privata; forse il suo è un gesto premeditato, perché la granata è un piccolo pianeta Terra e la sua è una vendetta nei confronti del resto dell’umanità che, con la sua indifferenza, non solo la sta privando dei giochi e della fanciullezza, ma le sta anche mettendo a rischio la vita.

Chi è allora “Condannata”? La bambina su un territorio di guerra, vestita con la tunica arancione dei condannati delle carceri americane, o la Terra intera? In ogni caso, è possibile pensare di rimanere immuni dalle atrocità contro gli innocenti, commesse anche a distanza di migliaia di chilometri dalle nostre case tranquille?

Condannata • olio su tela 50x40, ottobre 2015
Condannata • olio su tela 120x150, giugno 2016

Ho voluto rimarcare questo concetto qualche mese più tardi, creando una versione decisamente più grande: una tela 120×150, con una visione frontale del soggetto e la Terra-bomba in primo piano, più dettagliata. La protagonista non è più una bambina, ma decisamente una ragazza ben consapevole delle conseguenze del suo gesto. Il secondo piano è simile al quadro precedente con una fondamentale differenza: non ci sono altri bambini sulla scena, ma solo figure evanescenti.

Ho affrontato il tema della guerra anche in Nihil (Niente), tela dell’aprile 2017, in cui con tecnica meno figurativa e con l’aiuto di gesso e filo d’acciaio, ho cercato di rappresentare il nulla lasciato dalle guerre. Quando intorno tutto è distruzione, la realtà ci annichilisce e, braccia lungo i fianchi, si diventa parte di quel niente.

Nihil • olio, gesso e filo d’acciaio su tela 70x50, aprile 2017
Linea di confine • olio, filo d’acciaio e carta di giornale su tela 100x70

Guerre, regimi dittatoriali e cambiamenti climatici provocano il fenomeno contemporaneo delle migrazioni di massa, un fenomeno problematico per noi, che lo viviamo dal punto di vista economico e sociale, drammatico per chi deve lasciare un luogo dove spesso non ha nulla, per affrontare un viaggio durante il quale può perdere ancora quell’unica cosa che ha: la vita propria e dei propri cari.

Un cielo e un mare rosso sangue; sulla sinistra un barcone pieno di persone, un braccio alzato forse per chiedere aiuto; sulla destra, un corpo riverso sulla spiaggia. In primo piano una donna ha paura e crede sia necessario proteggere se stessa e il figlio che porta in grembo e lo fa creando una linea di confine che tenga distante lo straniero; la linea di confine è il filo spinato, che buca ripetutamente la tela e ferisce in più punti la donna, e il dolore trasforma la paura in odio; così, quando il filo spinato raggiunge il cordone ombelicale, il feto viene nutrito d’odio. I titoli dei giornali, incollati sulla tela, fungono da voci corali anche contrastanti tra loro.

“Terra!” nasce in agosto 2019 da una urgenza comunicativa legata al cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna del 20 luglio precedente. Mi ero chiesta infatti che cosa potesse avere in comune con il Decreto Sicurezza Bis, perché entrambi mi davano un senso di claustrofobia; avevo successivamente concluso che la mia sensazione era dettata dall’idea che alcuni uomini fossero stati e potessero essere in futuro molto distanti dalla loro possibilità di salvezza. Lo spazio interplanetario e il mare aperto, due luoghi inospitali: rimane da chiarire chi tra gli astronauti e i migranti “se la vada a cercare”.

Terra! • olio su cartoncino 36x36, agosto 2019
Naufragio • olio su cartoncino 26x35, ottobre 2019

Sempre sull’onda emotiva di uno dei tanti naufragi, di cui purtroppo e colpevolmente perdiamo il conto, nasce “Naufragio” dell’ottobre 2019. La Guardia Costiera aveva evitato di rendere pubbliche tutte le foto dei corpi senza vita ritrovati in fondo al mare ed io allora ho fatto di peggio: le ho immaginate. Una madre unita in un eterno abbraccio con il suo neonato, un lenzuolo e il mare stesso a proteggere entrambi.

In “Sui tacchi” (marzo 2017) e “8 marzo” (marzo 2018), ho parlato della condizione femminile, in particolare dell’incombenza che abbiamo di affrontare i problemi della vita partendo da situazioni di svantaggio.

Ginger Rogers diceva di se stessa che faceva tutto quello che faceva Fred Astaire, ma all’indietro e sui tacchi a spillo. Questo aneddoto rappresenta bene ciò che ho voluto esprimere in “Sui tacchi”, dove un paio di gambe femminile procedono sicure, pur camminando su di un terreno precario e in equilibrio su un paio di tacchi a spillo. Il colore rosso delle scarpe richiama la lotta contro la violenza sulle donne.

Le parole di Rita Levi Montalcini, invece, descrivono per il meglio “8 marzo”: “Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna portante delle società”. Le due zone delle Terra, quella illuminata e quella in ombra, rappresentano i due pesi, sociale e privato.

Sui tacchi • olio e gesso su tavola 55x61, marzo 2017
8 marzo • olio su tela 70x100, marzo 2018

Con “Diverse e uguali” ho voluto risolvere tutte queste problematiche: non c’è distinzione di colore di pelle, non c’è nessun sopruso, neanche di genere e l’incontro tra due persone è diventato un gesto protettivo.  Un messaggio importante su una piccola tela, diventata l’immagine di copertina di una delle due antologie del Concorso Artistico Nazionale “diversamente UGUALI – 2018, grazie all’Associazione Culturale “Il Cielo Capovolto”.

Diverse e uguali • olio su tela 30x30, settembre 2017

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