Come d’aria

Ada d'Adamo

Come d’aria”, il romanzo di Ada d’Adamo, arriva come un forte pugno nello stomaco. È una scrittura che scuote, è profonda, toccante… arriva al cuore. È un testo che racchiude tanta infinita bellezza e si legge con un peso nell’anima, fino alle lacrime.

Ada è madre anche se non si definisce una madre coraggio. Da alla luce Daria; ai suoi occhi, uno splendore di bambina che presenta dei gravissimi ritardi. Crescendo non riuscirà a parlare, a camminare, a vedere. Una vita non vissuta che dipende solo dagli altri. “Oloprosencefalia”, si fa fatica anche a pronunciarla. È una dura realtà alla quale Ada non può sottrarsi. Quando si ha una figlia disabile si cerca di fare tutto al suo posto nell’orrore di una reale impotenza.

L’infanzia di Daria è ricca di abbracci, di vicinanza, di contatti tra corpi, di amore. È con queste attenzioni che Ada combatte gli spasmi, gli attacchi epilettici, il pianto infinito. Sono i gesti di una madre duramente colpita ma sempre in piedi; fino al giorno in cui scopre, con terrore, la peggiore delle malattie. Il cancro, gli interventi, le terapie. C’è anche un busto da indossare che la allontana dagli abbracci, dai contatti salvifici.

Il romanzo si muove lungo diversi livelli temporali. È Ada che racconta e si racconta in prima persona. Lo fa con una dolcezza infinita, con quella sensibilità che appartiene solo ad una madre. Ci sono i momenti della nascita di Daria, la comunicazione della terribile diagnosi, i primi giorni a casa, dopo il parto, lo sconforto, le notti insonni, il dolore, la consapevolezza, la forza. E pensare che l’ecografia poteva rilevare la malattia di Daria. I tanti perché… cosa sarebbe accaduto? Avrebbe preferito l’aborto alla vita? Nel suo dialetto Ada dice “Mi ti rimetterei dentr’a la panz”. Desiderava la bellezza e ha avuto Daria, un groviglio di amore e disperazione.

La penna dell’autrice vola e sfiora il tempo più recente. Sono passaggi garbati che mostrano il vissuto dei protagonisti. Daria cresce. Frequenta scuole in cui insegnanti (a fatica) e fisioterapisti cercano di assicurarle una vita dignitosa. Non si rimpiange ciò che non c’è ma si sfrutta quel poco che appartiene a Daria. Un “Poco” che diventa “Tanto” e che regala attimi di felicità, rinnovata energia per andare avanti. Ada vive di danza e nella danza. Conosce la perfezione dei corpi e dei movimenti, anche quelli mossi da un ballerino non vedente. Gli altri sensi, quelli funzionanti, vanno in soccorso del compagno insultato e offeso.

Ada si affida a internet per sapere e capire. La condivisione può aiutare. Ci sono gruppi, centri dove poter mettere in comune le esperienze e trovare qualche labile risposta. Poi, con il tempo, si smette di cercare e si entra in una sorta di “accettazione attiva”; non è più guerra “contro” ma diventa guerra “per”.

Nel testo l’autrice si rivolge direttamente a Daria. Le parla come se capisse e la sua è la voce del cuore, dell’amore. Le racconta che, prima di lei, era rimasta incinta. Quella volta aveva ceduto all’aborto, convinta anche dai dubbi e dalle insicurezze del compagno. Si chiede cosa sarebbe stato con un fratello maggiore…

Nella sua narrazione Ada d’Adamo mostra una sensibilità straordinaria che si unisce ad una rara lucidità. Affronta la sua malattia con infinito coraggio. Il veleno iniettato nelle chemio rappresenta un esercito alleato con cui combattere l’oscuro male. Cadono i capelli, ci sono le nausee; l’dea di non ricorrere alle parrucche perché non c’è vergogna nella malattia, semmai dignità. Con sua figlia diviene un incontro di corpi malati e la comunicazione passa anche attraverso le rispettive malattie. Avviene in piscina… corpi liberi, senza peso, che possono unirsi in un abbraccio sferico contenente tutto, sciogliendo, per un po’, il peso della vita.

In tutto il testo sono presenti profonde riflessioni sul senso del vivere. Con la malattia Ada scopre la convivenza costante con la possibilità della morte. Come persona malata, madre di una ragazza disabile, vive il periodo della pandemia come persona “fragile”. Il covid aumenta le distanze tra “malati-fragili” e “presunti-sani”; quasi che i primi fossero meno importanti dei secondi.

Scrivere nella consapevolezza della morte è qualcosa che va oltre la vita. Diventano parole che superano il tempo, le stagioni, le separazioni. Si sfocia quasi nell’eterno, in una sorta di danza continua che non conosce fine. È proprio questo che insegna Ada d’Adamo, mostrando un amore unico che vince e supera ogni ostacolo. Quell’amore perfettamente inserito nel suo nome: ADA come Ada, Daria, Alfredo. Anche Alfredo, compagno, marito, babbo, che tra alti e bassi decide di esserci… sempre. E proprio nella brevità del suo nome, Ada vive tutta l’immensità di una luminosa esistenza.


Ada d’Adamo è nata ad Ortona nel 1967. Si è diplomata all’Accademia Nazionale di Danza e laureata in Discipline dello spettacolo. Al suo attivo ha diversi saggi sulla danza e il teatro. Muore a Roma nell’aprile del 2023, pochi giorni dopo la candidatura del suo romanzo “Come d’aria” nelle dozzina del Premio Strega. Nonostante la scomparsa l’organizzazione del premio ha annunciato che il romanzo sarebbe comunque rimasto in gara. Il 6 luglio 2023 il romanzo vince il Premio Strega con 185 voti. In sua memoria è stato istituito il Premio Ada d’Adamo nell’ambito della Festa della Danza di Roma, conferito a chi meglio interpreterà la fusione tra esperienza artistica e funzioni sociali.


Titolo: Come d’aria
Autore: Ada d’Adamo
Editore: Elliot
Pubblicazione: 2023
Pag.: 125
Costo: euro 15,00      

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