I pini di Roma

Quanto fascino nascondono, quanto fascino regalano, perfetti in quelle chiome che non hanno un ramo di troppo, una foglia fuori posto. Modellati, scolpiti tra i sospiri che Roma regala.

Li guardo estasiata grata ad una Natura capace di essere così bella, così umilmente ricca e meravigliosa.

A loro Ottorino Respighi ha dedicato nel 1924 uno stupendo poema sinfonico. Ascoltandolo sembra di stare davanti ad un quadro raccontato dalla voce lieve e ricca di sfumature di un pittore innamorato. Regala serenità, entra nel cuore, puoi chiudere gli occhi e “sentire”, sulla pelle accarezzata dalle note movimentate della sinfonia, i colori, i profumi, la potenza, la dolcezza, gli odori, la linea delle forme aggraziate e… l’amore e la danza di gioia che ti porta con i pensieri su, in alto, fino a toccarli e avvertire tra le dite le foglie profumate e morbide, ruvide il giusto, ed entrare in contatto con l’essenza dell’albero: alto, regale, presente e ti pare di essere un folletto, una fata o una bambina con le ali.

Arriva in te il grido della musica, l’eccitazione della bellezza che richiama il silenzio che tutto fa assaporare, piano, senza fretta. Un poema sinfonico che riesce ad abbracciarti, a stringerti forte e poi riesce a prenderti per mano, leggero, senza timore.

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