Il paese delle vacanze

a cura di Sonia Etere

 

Il paese delle vacanze non sta lontano per niente,
se guardate sul calendario
lo trovate facilmente.
Occupa tra Giugno e Settembre,
la stagione più bella.
Ci si arriva dopo gli esami.
Passaporto, la pagella.
Ogni giorno qui è domenica,
però si lavora assai:
tra giochi, tuffi e passeggiate non si riposa mai

Le poesie di Gianni Rodari sono state scritte per i bambini, eppure leggerle in età più adulta, riescono a dare una gioia inaspettata ed una immediata riflessione che coglie di sorpresa. Le buone  letture per ragazzi e bambini, se non vengono prese in considerazione dai lettori adulti, diventano doni persi e lasciati vivere per metà. Spesso si portano dentro ad immagini del passato e ci fanno riflettere sul Tempo. Un tempo che da adulti usiamo nella fretta quasi combattendolo come un nemico e che i bambini amano come un amico, un compagno. L’adulto  ha la fretta di riempire ore con il fare, imbavagliando il pensare, il silenzio di un tempo che dà spazio e non vuoto. I bambini ci insegnano a godere delle piccole cose.

Ho scelto questa poesia perché parla di vacanze di ogni giorno, ogni giorno può essere domenica e sei libero di scegliere cosa puoi cercare in quel giorno per essere felice o sereno anche una cosa piccola con un’apparente non significato.

Spesso pensiamo che per ritrovare la nostra pace interiore ed anche la nostra gioia sopita, dobbiamo fare grandi viaggi o feste eccellenti, dobbiamo sorprendere, andare lontano, spendere soldi e trovare ristoro dalle giornate di lavoro facendo cose memorabili. Eppure la gioia e la serenità che cerchiamo sono dentro di noi sommersa dalle convenzioni e da ciò che gli altri si aspettano da noi.

Le parole di questa piccola, dolce poesia, richiamano la mente alle piccole cose, ai piccoli gesti ed è proprio in essi che sono ancora vivi  la meraviglia e lo stupore che pensiamo di aver dimenticato o messo da parte come condizioni che fanno parte solo dell’infanzia.

Se pensiamo ad una passeggiata, ad un intercedere lento, pronto all’osservazione della stessa strada che ogni mattina facciamo in fretta e in tensione, ci renderemo conto di cose che non avevamo mai visto eppure erano lì, ci sono sempre state, eppure il guardarle ti dona una gioia inattesa. Si può scoprire un vicolo, una panchina, una stradina, si può incontrare una persona e parlarle senza fretta, ascoltarla, ascoltarsi. È una vacanza. È una vacanza dallo smog di te stesso. Una bibita sorseggiata piano, una mano che stringe la tua e che non avevi considerato anche se anche prima c’era, solo non c’era la disposizione di pensiero a sentirla, non per cattiveria o indifferenza, ma solo per un congegno illusorio che ti dice di non fermarti, di andare avanti che prima del Sentire c’è il Fare ossessivo. Quando s’impara a stare, si è in vacanza in qualsiasi posto si è. Imparare a stare è il fine della Vacanza non solo intesa come ferie, ma come possibilità vissuta ogni giorno anche per pochi minuti.

Il paese delle vacanze non sta lontano per niente.

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