Con Il Pasticcio Giovanni Dallàn entra nei sentieri del saggio e percorre la via dell’esistenza umana ponendo l’uomo al centro della sua particolare analisi critica. L’errore che spesso si commette è quello di dare tutto per scontato. Tutto accade perché frutto di qualche progetto superiore applicato, nel concreto, con qualche regola preordinata e, magari, incompresa.
In questo contesto, ricco di incertezze e dubbi, l’autore si interroga e pone al lettore una serie di domande interessanti, con innegabili risvolti sulla vita di tutti i giorni. Un invito a riflettere e capire cosa sia accaduto, come stiamo vivendo, cosa si nasconde dietro l’angolo del nostro tempo ormai aperto all’inevitabile “domani”.
Il primo passo è prendere coscienza delle nostre origini. Da dove proveniamo? Big Bang con evoluzione del DNA? Oppure la creazione della vita è frutto di un miracolo divino? Lungo un percorso di domande e risposte Dallàn ci propone le opportune riflessioni. Estremizzando concetti e potenziali future realtà, invita il lettore a particolari valutazioni.
Un esempio… Se il miglioramento delle condizioni esistenziali, o un’utopistica sopravvivenza alla morte, portasse ad un allungamento della vita (per altro già in essere) fino a causare un sovraccarico di persone nel mondo, cosa ne sarebbe della nostra amata terra? Come si potrebbe convivere e sfamarsi in un mondo non più adeguato? I disastri della natura, le guerre, le malattie, probabilmente esistono come riequilibratori naturali, e non, delle condizioni di sopravvivenza. Proviamo a sposare la tesi, a tratti provocatoria, di Dallàn e proseguiamo con i nostri interrogativi. Dove collocheremmo gli abitanti in eccesso? Potremmo trovare un altro pianeta o prendere in considerazione l’infinito spazio celeste che ci sovrasta. Ci troveremmo, a questo punto, di fronte alla scelta fra chi dovrebbe esiliare nello spazio e chi restare sulla terra.
Somiglia ad un gioco di fantascienza mosso da rigorosi principi etici e morali. Pensieri assurdi? Chissà… Non dimentichiamo gli eccessi di un progresso che avanza pari passo con i potenziali disagi arrecabili proprio all’uomo.
L’autore ci ricorda che molto spesso nella stessa evoluzione umana si celano i gravi problemi che oggi investono il nostro pianeta. Pensiamo allo sviluppo vissuto in modo del tutto disomogeneo: da una parte i paesi ricchi, dall’altra (la maggioranza) quelli poveri. Uno sviluppo razionale ed equo non favorirebbe la fame nel mondo, non innescherebbe le scintille delle guerre, non accetterebbe la “mala-politica”. Forse dovremmo imparare parole nuove, accompagnate da nobili sentimenti troppo spesso ignorati. Parole e motti come rinuncia a favore dei bisognosi, “equa distribuzione” della ricchezza, “evoluzione morale e civile”, “società inclusiva2. Ripartire dalle piccole cose per giungere, finalmente, ad una dimensione umana sostenibile per l’intera collettività.
Dallàn prosegue nel suo viaggio all’interno del “pianeta uomo”. Nella seconda parte del libro fornisce delle vere e proprie “istruzioni per l’uso”. L’invito primario è di riscoprire un importante senso civico e di rispetto verso ciò che ci circonda: gli altri e l’ambiente. Un comportamento adeguato e scelte mirate, favorirebbero senz’altro un miglioramento della vita. Iniziando dal controllo sullo smaltimento dei rifiuti, consumo del cibo (evitando inutili sprechi), consumo dell’acqua (tra i beni più preziosi), sviluppo incontrollato dell’edilizia (foriero di tanti disastri), eccessivo uso delle automobili (con innegabili danni provocati dall’inquinamento). In ogni campo, è necessario dirigersi verso una situazione equa ed equilibrata. Il ruolo dei mass media, della comunicazione, delle scuole, l’uso della “cosa pubblica”, l’empatia tra le persone…
Dallàn fa il pieno di buoni propositi, consigli, regole semplici e fondamentali per una vita sicuramente migliore dell’attuale.
Nella parte finale del suo testo l’autore ci porta, a grandi passi, in una potenziale dimensione futura. E ci pone al cospetto di altre importanti riflessioni. Cosa accadrebbe se si vivesse con smisurato ottimismo? L’inseguire, senza freni, una condizione esasperata ai limiti dell’eccesso?
L’ambizione dell’uomo può avere un volto positivo (ricerche scientifiche per la cura delle malattie, ad esempio), ma anche negativo (produzioni di armi sempre più devastanti) sconfinando in una sorta di autodistruzione. È sufficiente pensare all’idea folle di rendere immortale la vita superando la morte (potrebbe essere nelle corde delle future ricerche?) o la creazione di robot replicanti. Cosa accadrebbe in questi nuovi contesti? Problemi di sovraffollamento, perdita d’identità… ologrammi per scongiurare la morte; scenari apocalittici. L’uomo potrebbe credere di manipolare il tempo per mezzo di viaggi nel passato o nel futuro; pensare ad un doppio destino per la stessa persona. Agire sul passato per evitare i problemi nel futuro. E così, di salto in salto, giungere all’assurdo di una “dimensione umana assoluta” aspirante a un superiore divenire (Dio?).
Sarebbe davvero troppo. Dallàn frena il suo volo e ci riporta alla concretezza della vita. La bellezza del nostro vivere sta proprio nell’incertezza, nell’ignoto: un cammino affascinate e a volte difficile; un percorso, in ogni caso, bello e stimolante; un vero e proprio “pasticcio” che altro non è se non la nostra amata vita.
Titolo: Il pasticcio
Autore: Giovanni Dàllan
Editore: Montedit
Pubblicazione: 2017
pag. 148