Il Quarto Stato di Pellizza Giuseppe

a cura di Sonia Etere

 

C’è un quadro che ha colpito la mia fantasia e la mia curiosità fin dagli anni delle scuole medie, lo vidi per la prima volta in un libro di storia. Raffigurava uomini che camminavano tranquilli e fieri, coraggiosi, miti nella loro dignità. Una donna con bambino in braccio dava all’immagine qualcosa di familiare, un senso di serenità: non era un camminare violento, era un camminare deciso e allo stesso tempo calmo. I colori mi piacevano, le sfumature mi piacevano e il movimento mi piaceva. Un insieme di persone che mi davano il senso del tutto.

Oggi so che quel meraviglioso quadro  si chiama Il Quarto Stato dipinto da Giuseppe Pellizza da Volpedo tra il 1898 e il 1901. Un quadro travagliato per il pittore e come tutto ciò che nasce da un travaglio, prezioso. Giuseppe Pellizza studiò a lungo la posizione delle mani, dei piedi, le ombre, il movimento della gonna della donna, la fierezza degli sguardi. Il quadro rappresenta lo studio di un epoca e di un cambiamento, per il Pelizza  il sociale e l’arte non potevano vivere nell’indifferenza reciproca e senza influenzarsi a vicenda. Si ferma sulla tela uno sciopero non violento, sono persone decise a farsi ascoltare. Nasceva il quarto stato dopo la nobiltà, il clero e la borghesia, nasceva la forza operaia. Un cambiamento epocale, di cuori, di sentimenti, di decisioni, di rispetti, nasceva un nuovo modo di essere, un nuovo modo di chiedere, un nuovo modo di essere al mondo, un nuovo modo di intercedere, non violento ma deciso. Questo quadro è realizzato con la tecnica del divisionismo in cui i colori sono puri, a piccoli puntini e piccoli tratti e la sintesi finale si compie nello sguardo di chi osserva. Pellizza dà vita ad un’opera universale. Nel quadro più famoso della sua vita inserisce le persone a lui care: la donna è sua moglie Teresa e gli altri personaggi sono suoi amici.

Quando sosti davanti al quadro il vento del cambiamento e la tenacia che lo determina arriva anche a te, in fondo ogni cambiamento personale necessità di quella determinazione e di quel procedere sereno e coraggioso insieme. Guardandolo non hai davanti solo la corposità e l’essenza del quadro, ma la tua e non puoi non riflettere. In fondo l’arte non fa altro che imporci un cammino verso qualcosa e anche un riposo interiore.

Il quadro è ora presso il Museo del Novecento di Milano.

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