La luna e i falo’

Cesare Pavese

La luna e i falò” è l’ultimo romanzo di Cesare Pavese, scritto alle soglie dell’autunno del 1949 e pubblicato nell’aprile del 1950. Lo scrittore si toglierà poi la vita nella notte del 26 agosto dello stesso anno in un albergo torinese.

Siamo alle prese con un romanzo intenso, potente a tratti sanguinario. Con esso Pavese vuole forse lasciare il suo testamento spirituale; una traccia indelebile che rende l’intero romanzo sempre attuale e moderno seppur a distanza di 70 anni. Ci sono opere che hanno la forza di rendere eterna la scrittura in esse contenuta. La luna e i falò, senza dubbio, è una di queste opere. In generale è l’intera attività artistica di Pavese a superare le barriere del tempo e dello spazio.

Il protagonista fa ritorno al paese dopo aver trovato fortuna altrove. Come tanti, è andato via per capire la vita. Anguilla è un orfano e non sa nemmeno se sono i luoghi delle sue origini. Capisce però che è appartenuto a una famiglia di miserabili perché solo i disgraziati allevano i bastardi dell’ospedale pur di avere il sussidio. Siamo in Piemonte, nella Valle del Belbo. Pavese sviluppa il primo tema del romanzo: il ritorno. Un paese comunque ci vuole per tornare ai lontani ricordi; una condizione ricorrente che appartiene a molti italiani.

Il protagonista ritrova l’amico Nuto che non si è mai mosso da quei luoghi. Nuto rappresenta un po’ la parte dell’anima che non è andata via per mantenere intatte e solide le radici. Pavese ricerca, anche tra le miserie umane, l’importanza della famiglia e delle origini. L’idea di appartenere a un nucleo con una propria identità è forse il modo per affrontare la solitudine. Lontano dalla famiglia si è soli.

La struttura del romanzo si sviluppa su 32 capitoli ben articolati che potrebbero apparire quasi autonomi. Sull’intera narrazione ci sono costanti passaggi tra il passato e il presente. Con questi voli comunque ordinati, Pavese torna all’importanza dei legami e dei ricordi. Non importa se tristi e malinconici; l’importante è che ci siano per alimentare l’esistenza dell’uomo.

Nel romanzo troviamo una scrittura asciutta ed essenziale. Pavese è secco, diretto. Molto spesso chiude i vari capitoli in modo incisivo lasciando il lettore nella più ampia e libera interpretazione. Nuto rappresenta la maturità; è sposato, è un uomo fatto. Sarà la guida con cui Anguilla tornerà nei passi della lontana giovinezza. E’ qui che Pavese sviluppa un altro tema fondamentale: la guerra partigiana. Su quelle colline sono avvenuti i fatti che hanno alimentato la storia. E’ stato versato il sangue che la guerra ha preteso.

Emozionanti sono le descrizioni, attente e precise, dei luoghi ritrovati e dei personaggi ormai smarriti nell’avanzare del tempo e dei destini. I ricordi non sono felici e sarà proprio Nuto a guidare, con la sua saggezza, la riscoperta delle vicende che appartengono al passato. In fondo Anguilla, pur avendo vissuto a Genova e poi negli Stati Uniti, non ha punti di riferimento se non quelli legati alla sua povera infanzia.

Saprà delle morti di Irene e Silvia, figlie del Signore presso il quale aveva lavorato. Forse avevano inseguito sogni “eccessivi” destinati al fallimento. Conoscerà il destino di Santina, tristemente sfociato in una terribile fucilazione. Pavese presenta anche il tema delle stagioni; il tempo che scorre e che propone il suo simbolo: la luna. E poi i falò… la forza del fuoco come atavico rituale che appartiene alla terra. E’proprio nel titolo che si condensa l’eterno rapporto tra il cielo e la terra; un rapporto in grado di contenere ogni aspetto della vita dell’uomo.

Il protagonista vivrà anche il dramma della disperazione che investe la famiglia del Valino. Una vera strage frutto della miseria e dell’angoscia. Ancora un fuoco… questa volta cattivo distruttivo. Nel suo gesto estremo il Valino cerca una sorta di folle riscatto di fronte a una vita fatta di stenti e povertà… un po’ le sorti di tanti contadini che erano restati tra quelle colline. L’unico a salvarsi sarà il piccolo Cinto; un ragazzo con qualche problema alle gambe. Stringerà amicizia con il protagonista. Cinto, in fondo, rappresenta il ragazzo che fu. Resta in vita. Fugge via evitando la morte che il Valino, suo padre, gli avrebbe destinato. Al tempo stesso Cinto rappresenta anche il futuro; un’apertura al bene che Pavese lascia intravedere tra le pagine del romanzo. A Cinto, ormai senza famiglia, penserà Nuto… sicuramente il personaggio più fermo e stabile.

C’è anche la figura di un parroco che in qualche modo fa politica. Fugge dal colore “rosso” evitando di benedire le salme che provengono dai gruppi partigiani. Rifiuterà di benedire anche il corpo del Valino proprio per la follia del suo gesto.

Questa straordinaria opera si chiude con un finale triste e potente. Anguilla non conosce ancora le sorti di Santina. Era scappata sulle colline per raggiungere i partigiani. Conosceva anche i fascisti e fu proprio questo legame a far decretare la sua morte. Santina era una donna con una forte personalità che non poteva essere abbandonata sotto la coltre di un anonimo terreno. Ebbe una tomba di fuoco e divenne cenere, come il letto eterno di un falò…

Sono ormai passati 70 anni dalla pubblicazione del romanzo e dalla morte di Pavese. La sua scrittura, ricca di storia e di temi sociali importanti, presenta ancora oggi una forza tale da coinvolgere totalmente il lettore. Non è banale affermare che “La luna e i falò” dovrebbe appartenere a ognuno di noi… per capire il senso della vita e la natura dell’uomo.

Cesare Pavese nasce nel 1908 a Santo Stefano Belbo (Cuneo). Da molti è considerato uno dei più grandi intellettuali italiani del XX secolo. Ha frequentato la facoltà di lettere dell’Università di Torino. Pavese è stato poeta, scrittore, critico letterario, insegnante e traduttore. Presso l’editore Einaudi ha anche avuto un incarico per curare una rubrica sulla Cultura. Nella sua vita ha conosciuto anche il carcere perché ritenuto antifascista. Pavese, tra alterne vicende umane e sentimentali, ha vissuto un’intensa attività letteraria. Tra le sue opere, ricordiamo Il carcere, Il compagno, la casa sulla collina, Racconti, la bella estate, Dialoghi con Leucò, Il mestiere del vivere e altri ancora. Ha pubblicato anche poesie, diversi saggi e ha scritto alcune sceneggiature. Ha tradotto diversi romanzi di scrittori stranieri. Nel 1950 riceve il premio Strega per La bella estate. Nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 1950, Cesare Pavese si toglie la vita in una camera dell’albergo Roma a Torino.

Titolo: La luna e i falò
Autore: Cesare Pavese
Editore: Einaudi
Pubblicazione: 1950
Pag.: 173
Costo: euro 10,00

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