Pulce non c’e’

di Giuseppe Bonito

Tratto dall’omonimo romanzo di Gaia Rayneri, è arrivato nelle sale torinesi il film di Giuseppe Bonito.

Pulce non c’è è girato a Torino, in quanto si rifà ad una storia vera, autobiografica dell’autrice del romanzo, vissuta, appunto, a Torino. Il regista ha quindi scelto di ambientare il film proprio in questa città.

Nanni Moretti ha voluto il film per il suo cinema Nuovo Sacher a Roma.

Le due protagoniste, Giovanna (Francesca di Benedetto) e Margherita – Pulce, il nomignolo affettuoso famigliare – (Ludovica Falda), sono state selezionate fra oltre quattromila adolescenti e – ci rivela Bonito – si sono praticamente scelte vicendevolmente da sole.

Gaia racconta la storia della sua famiglia, di sua sorella autistica e dell’intervento traumatico da parte di assistenti sociali che hanno sconvolto la sua famiglia. Lei all’epoca aveva solo 13 anni e sua sorella 9. Sono trascorsi molti anni da quei giorni, Gaia ha 23 anni quando scrive il suo primo libro: una sorta di risarcimento ai suoi genitori, per un dolore da cui i suoi genitori non si sono mai ripresi completamente.

Ci racconta la storia con gli occhi dell’adolescente che era lei allora, Giovanna nel racconto.

Per Giovanna (Gaia) è stato più semplice accettare sua sorella così com’è. Più semplice che per i suoi che, come tutti i genitori son sempre in apprensione per i propri figli. Per Giovanna, invece, Pulce è semplicemente sua sorella. La loro comunicazione segue regole diverse, perché Pulce non parla, ma non per questo non comunica. Pulce sorride sempre e si tuffa in abbracci stritolanti. La famiglia certe notti è svegliata dalle crisi d’ansia della piccola e allora il padre si inventa favole per calmare la sua Pulce. Quando piange, non piange con le lacrime, perché non sa piangere, e lo fa solo con l’espressione triste del volto. Pulce parla attraverso la “comunicazione assistita”, un sistema affascinante ma poco attendibile e molto manipolabile dai pre-giudizi di chi comunica con lei.

Giovanna è una ragazzina come le sue coetanee, con le pulsioni, attese e interessi degli adolescenti della sua età. Eppure in qualche modo anche lei è diversa: il rapporto con la sorella è la sua priorità e le insegna a vedere la vita in modo diverso. Il giorno del tragico evento sta studiando con una sua amica, quando la madre le comunica che Pulce è stata portata via dagli assistenti sociali. Per Giovanna la priorità sarà riportare sua sorella a casa e per questo è pronta a superare qualsiasi intrusione nella sua vita; cercherà, con i suoi mezzi, di capire cose più grandi di lei di cui riesce ad intuire solo una piccola parte. Suo padre è stato accusato di molestie sessuali sulle figlie. Accusa che arriva da assistenti sociali e psichiatri colleghi della stessa ASL per cui lavorano i suoi genitori, entrambi medici. Accusa che si rileverà assolutamente falsa, ricavata dalla manipolazione della “comunicazione assistita” con Pulce.

Gaia (Giovanna) denuncia l’assoluta mancanza di rispetto per un equilibrio che la famiglia con tanta fatica era riuscita a stabilire come supporto a Pulce. Mancanza di sensibilità verso la stessa bambina, allontanata dalla sua famiglia e rinchiusa in un posto dove non vuole stare: un provvedimento di cui lei, chiaramente, non può nemmeno capirne le ragioni.
La sua famiglia – ci racconta Gaia – non ha nulla di eroico. Non mancheranno momenti di cedimento o di rabbia da parte dei suoi genitori. Momenti di cui lei rimane spettatrice e vittima innocente. Giovanna sarà sottoposta a interrogatori di cui non riesce a comprendere completamente il significato; a visite ginecologiche per accertare se anche lei sia stata vittima del padre. Sono questi interventi, per nulla professionali e sensibili, a “violentare” sia Giovanna che Pulce.

Pulce tornerà a casa e sul suo volto tornerà il sorriso, proprio abbracciando suo padre, da cui l’avevano allontanata. Ma nessuno risarcirà mai la famiglia per quanto ha dovuto subire.

Questa storia difende il valore della famiglia, in un’epoca in cui sempre più viene demolita. Una famiglia che rimane unita e certa dei propri sentimenti, davanti a qualsiasi avversità. Nessuno dubiterà mai dell’innocenza del padre.
Denuncia e mette in guardia da interventi sociali che sulla carta dovrebbero aiutare i più deboli ma spesso, gestiti da personale incompetente, colpiscono gravemente, invece,  chi già si trova in difficoltà.

Messaggio che non può che trovarmi pienamente d’accordo visto che, nel mio percorso di madre, io stessa mi sono trovata a combattere violenze gratuite da parte di strutture e personale incompetente. Onore e gloria a tutte quelle persone che ogni giorno operano con coscienza e professione nell’ambito del sociale e/o delle malattie. La loro dedizione spesso va’ ben oltre un compito lavorativo: la passione, amore e preparazione che ci investono è un aiuto fondamentale. E ne ho conosciute tante!
Ma attenzione a tutte quelle strutture malate che, senza alcuna realistica competenza, violentano l’equilibrio familiare e si permettono di giudicare e accusare: possono procurare gravi danni. Danni dei quali nessuno se ne assumerà mai la responsabilità e le vittime non saranno mai risarcite. E, purtroppo, ne ho incontrate molte anche di questo genere!

Titolo: Pulce non c’è
Regia: Giuseppe Bonito
Cast: Giorgio Colangeli (dr. Martello) – Piera Degli Espositi (nonna Carmen) – Pippo Delbono (Gualtiero) – Marina Massironi (Anita) – Anna Ferruzzo (Oriana) – Alberto Gimignani (dr. Castelli) – Rosanna Gentili (maestra Penelope) – Ludovica Falda (Pulce) – Elisa Catale (Pippa) – Francesca Di Benedetto (Giovanna)
Uscita: marzo 2014
Durata: 97 minuti

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