Sorgo rosso

di Mo Yan

Leggendo “Sorgo rosso” di Mo Yan, a distanza di anni, ho riassaporato la pura bellezza di un capolavoro che allietò, a suo tempo, la mia fame di buone letture. Sto parlando del romanzo “L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Marquez. Anche in “Sorgo rosso” c’è tutta la visionaria attrattiva di storie semplici e complesse che si avvitano lungo i percorsi di vita delle genti normali, autentiche, vere. Quasi cinquecento pagine che inchiodano il lettore alla storia, alla tragedia della guerra, alle vite straordinarie di contadini che diventano eroici soldati.

A Mo Yan riconosco la bravura di averci reso un romanzo che non presenta una narrazione classica. La storia si muove continuamente lungo spazi temporali diversi; il filo della narrazione si sposta come un asticella, collocandosi in un intervallo compreso tra il 1939 e il 1972. All’interno c’è tutto: la storia della Cina, l’invasione giapponese, la guerra, le gesta eroiche di tante persone. Forse la bellezza di questo capolavoro (che definirei un romanzo atipico a struttura libera) sta nel non presentare mai nulla di scontato; i continui passaggi nel tempo vissuti dai vari protagonisti lo rendono unico e particolare. Nella scrittura dell’autore, ogni scena e ogni narrazione vengono accompagnate dalla bella presenza degli sconfinati campi di sorgo. In qualche modo la natura è madre (perché sfama), protettrice (perché nasconde), luogo di riposo (perché accoglierà corpi ormai privi di vita). Assume il ruolo di vera protagonista.

Siamo in Cina alla fine degli anni 30. Un narratore, direi “esterno”, racconta la storia di suo padre Douguan (adolescente, in quegli anni) che si schiera con il drappello del comandante Yu Zhan’ao per combattere un convoglio giapponese. Per i giapponesi si trattava di una vera invasione per assumere il controllo dell’Asia; per i cinesi, invece, una guerra di resistenza contro l’avanzata nemica che distruggeva immense distese di sorgo per costruire strade, rendendo schiavi i contadini.

Mo Yan non si risparmia e descrive anche gli aspetti più duri e cruenti del conflitto. Lo fa con la bravura del grande scrittore insignito, nel 2012, con il Nobel per la letteratura. Perché la guerra, purtroppo, è anche questo: è violenza immorale contro le donne indifese, è crudeltà inaudita verso il nemico fatto prigioniero e poi vessato, oppresso, condannato. Partendo dalla storia della famiglia del bandito Yu Zhan’ao, l’autore ci racconta gli amori, le passioni, regalandoci una narrazione così ampia e coinvolgente da investire l’intera regione di Gaomi. Ci sono molti personaggi comuni, buoni, cattivi, violenti, onesti; ognuno con la sua straordinaria storia. C’è lo zio Liu, scorticato vivo davanti ad una folla inerme. E poi la nonna paterna, resa donna dal bel bandito e strappata via dai lacci di un matrimonio combinato e non certo da lei voluto. A seguire, altri eroici personaggi dalle storie anche semplici ma resi belli dall’incantevole penna di Mo Yan. Il giovane Douguan scoprirà, mentre vede morire la madre tra i fusti di sorgo, colpita dal fuoco giapponese, che il suo vero padre è il comandante Yu Zhan’ao. In punto di morte, le parole non possono che essere vere. Leggendo il romanzo, non si può non notare l’episodio dei cani. Si uniscono in branco per sbranare, nei campi di sorgo, i corpi abbandonati dopo la battaglia. Carne umana priva di vita che sfama bestie dotate di un’intelligenza raffinata; si alleano, fanno strategie, aggrediscono i sopravvissuti che cercano di contrastare i loro atti di sciacallaggio. Cani alimentati che diventano forti e poi umani che, per sopravvivere, si sfameranno, a loro volta, con carne di cane. Quasi una guerra senza confini, l’uomo che sfama, indirettamente, l’uomo.

In Sorgo rosso, si percorre un meraviglioso e disordinato viaggio nel tempo che non resta mai fermo. E in questo movimentato contesto storico, Mo Yan cesella le vita di contadini e uomini medi in grado di vestire, seppur nelle loro imperfette esistenze, le vesti eroiche del guerriero coraggioso. Il romanzo, forse volutamente, non ha un classico finale. Certamente l’autore ha voluto narrare dei miti in tutta libertà, senza imbrigliare la storia all’interno di canoni precisi e scontati. Forse la bellezza della scrittura sta anche in questa libera navigazione narrativa. Personalmente, posso garantirvi che la lettura di Sorgo rosso non deluderà le legittime attese di un attento e buon lettore.

Mo Yan è nato in Cina nel 1955, da una famiglia di contadini. Èconsiderato il più grande scrittore cinese contemporaneo. Mo Yan significa “colui che non vuole parlare”, quasi a voler apparire come un antico aedo che osserva per cantare le storie. È autore di sette romanzi e di numerosi racconti e storie brevi, sempre ambientati nella sua provincia d’origine (Shandong). Sorgo rosso ha ispirato l’omonimo film vincitrice, nel 1988, dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino. Allo scrittore, sono stati assegnati numerosi premi tra cui il Premio Nobel per la Letteratura (2012).

Titolo: Sorgo rosso
Autrice: Mo Yan
Editore: Einaudi
Pubblicazione: 1988
pag.: 471
Costo: € 13,50

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