Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio

Remo Rapino

Il Premio Campiello ritorna meritatamente in terra d’Abruzzo. Accade con il romanzo “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” di Remo Rapino. Remo Rapino è stato insegnante di filosofia e vive a Lanciano.

Liborio Bonfiglio è una “Cocciamatte“; una persona particolare e stravagante, oggetto di scherni e prese in giro da parte degli abitanti di un paese che non viene mai nominato nel corpo del romanzo. L’autore dà voce proprio a questo personaggio e lo fa abbracciando un quadro storico ampio e interessante: il novecento. Remo Rapino fa ricorso a una scrittura unica e coraggiosa adottando una narrazione in prima persona direttamente dalla fonte. Sono parole e pensieri srotolati a presa diretta. Non ci sono filtri, né mistificazioni; Bonfiglio Liborio si racconta così come è… vero, reale, autentico.

Il protagonista è un uomo semplice che scrive per raccontare la sua vita e per ritardare l’arrivo della morte; tanto finché ha cose da scrivere e raccontare, la morte aspetterà. Le pagine del romanzo scaturiscono, quindi, dai pensieri di una “Cocciamatte“. L’autore è così bravo da calarsi totalmente nel personaggio di Bonfiglio Liborio. Il risultato è strabiliante. Ne esce fuori un linguaggio schietto, candido e innocente che è lo specchio di un’anima pura come quella del protagonista. Nel romanzo non c’è perfezione di scrittura (sarebbe stata fuori luogo rispetto al personaggio proposto) bensì una grande bellezza narrativa. Liborio parla con il suo linguaggio, sghembo, imperfetto, ingenuo, a tratti ripetitivo e contorto, ma, decisamente bello. Usa parole ricche di proverbi e modi di dire dialettali. La lettura è divertente, simpatica e apre gli spazi su riflessioni rilevanti di natura umana e sociale. C’è tutto un mondo intorno alle parole del protagonista.

Il romanzo di Remo Rapino ha la forza dirompente per irrompere, con fermezza e decisione, in un significativo spaccato storico del nostro paese. Il punto d’osservazione non ha uno sfondo politico, sociale o religioso. L’occhio osservatore è quello attento del protagonista, con tutte le inevitabili imperfezioni di un bambino, ragazzo e poi uomo “non ordinario”, ma “diversamente bello”. La penna dell’autore ci presenta un protagonista che apparterrebbe agli ultimi e agli emarginati ma possessore di una grande bontà da renderlo prezioso agli occhi di chi ha avuto la fortuna di viverlo.

In modo piacevole, ma con inevitabile rigore storico, appaiono, come fossimo in un ampio palcoscenico aperto sulla storia, tutti quei personaggi che Liborio ha incontrato nel suo lungo e particolare cammino. Abbiamo il maestro Cianfarra Romeo al quale il protagonista confessava il sogno di poter inventare, un giorno, il numero più grande del mondo. Dalla sua, il maestro aveva la colpa di essere “un poco comunista” e per questo il regime (siamo negli anni ’30) lo aveva trasferito “da un paesone dell’Italia di sopra“.

Liborio vivrà i giorni dell’entrata in guerra. Perderà prematuramente, per una terribile malattia, sua madre, senza aver conosciuto quel padre che, in qualche luogo del mondo, avrà sicuramente gli occhi uguali ai suoi. Per il protagonista inizia una condizione di grande solitudine. In questo contesto, la scrittura proposta da Rapino e così autentica e vera da rendere visibile, palpabile la figura di Bonfiglio Liborio. Ci sono occhi e parole per proporre anche la repressione tedesca nei confronti di alcuni giovani. Gli orrori visti dal protagonista sono così cruenti da spingerlo a correre all’impazzata per il paese senza mai fermarsi; fino al momento in cui si lascia andare, sfinito, sulla porta di casa con gli occhi “ribelli” che non vogliono vedere più. La narrazione si fa toccante, profonda, e rende meno amara anche la morte. L’osservazione è garbata, infantile… quasi a voler sfatare e sbugiardare la terribile realtà.

Lo scorrere del tempo vedrà Liborio protagonista di un servizio militare lontano da casa e da quella ragazza, Giordani Teresa, che aveva collocato nel suo cuore per un bacio sfuggente “rubato” nel giorno della fine del conflitto mondiale. Nella sua scrittura, Rapino, pur mantenendo quell’approccio delicato contenente dramma e umorismo, evidenzia la vita di un uomo che vive ai margini. Liborio è un personaggio invisibile agli occhi degli altri. Nessuno si accorge della sua partenza per il servizio militare e nessuno percepisce il suo rientro… nel mezzo, diciotto mesi di vita e una ricorrente solitudine.

C’è la sana reazione dell’uomo che fugge dai suoi dolori e dai perseguitanti segni neri. Il romanzo entra nel vivo, in un viaggio che il protagonista percorre nel suo tempo. La lettura mantiene, in ogni parte, una grande fluidità rendendo il testo avvincente e gradevole.

Bonfiglio Liborio si trasferisce al nordo ed entra in fabbrica. Conoscerà il sindacato, la terribile catena di montaggio, la lotta operaia, le case chiuse, i moti studenteschi e tanto altro ancora. Con grande abilità Rapino colloca il suo protagonista al centro di un mondo in continua evoluzione. Liborio vivrà anche una lunga esperienza in un ospedale psichiatrico, resa allegra e appassionante grazie al suo carattere e alla bella presenza dello scavacervello dott. Mattolini Alvise. C’è anche il richiamo alle nuove leggi che aveva fatto un medico bravo bravo che si chiamava Basaglia. Mi tornano in mente le parole di un altro Premio Campiello, Pino Roveredo. Sosteneva che Franco Basaglia ha avuto due colpe: “Quelle di essere nato troppo tardi e di essere morto troppo presto”… verità inconfutabile.

C’è il tempo dei ritorni. Sono trascorsi quarant’anni e al paese è cambiato tutto. La stessa vita di Bonfiglio Liborio è cambiata: un poco normale e un poco no. Restano il senso di solitudine, il silenzio e un gelo che attanaglia un’anima comunque sensibile. È un po’ il destino che appartiene ai “matti” anche se, in fondo, sono spontanei, veri e autentici. Con la potenza dei ricordi, Liborio avrà la forza di sognare una grande festa dove far scorrere i passi delle persone conosciute nella sua vita stravagante. Un congedo di un’anima bella, un fiommista che aveva gli occhi uguali a quelli di suo padre.

Mi ritengo arricchito da tanta bellezza, da tanta storia descritta attraverso le parole di un uomo speciale. Una bella diversità, quella di Liborio, straripante di dolcezza e bontà. A modo suo, è un attento osservatore del mondo. Lo scruta con i suoi semplici strumenti e lo racconta con una narrazione, quella di Rapino, divertente e commovente. Soprattutto è una narrazione che insegna e fa riflettere in diverse direzioni. Liborio vive e accoglie il suo destino… anche i segni neri che sono tanti assai, per dirla alla sua maniera. Forse è proprio il destino a essere in difetto, non essendo stato in grado di accoglierlo come invece meritava. Liborio è un sognatore; lo è ad ogni età… perché i sogni non scadono e accompagnano l’uomo durante l’intera vita.

Con i suoi occhi vispi e allegri, seppur nella sua visione un po’ bislacca, Liborio osserva lo scorrere del tempo e ci presenta la sua personale visione della storia recente. Uno scritto intenso, ricco, esuberante, vero e profondo… un romanzo che merita tutta l’attenzione di chi ama la bella scrittura.

Remo Rapino è nato a Casalincontrada (CH) nel 1951. Vive a Lanciano (CH) dove ha insegnato Storia e Filosofia nel locale Liceo. Negli anni, ha affiancato l’attività di scrittore e poeta a quella di docente. Ha pubblicato diversi testi (Dissintonie, Un cortile di parole, Vite di sguincio, etc.) e alcune raccolte di racconti (Cantate inattuali, I ragazzi che dicevano okay, Esercizi di ribellione) e di poesie (La vita buona, La profezia di Kavafis e Le biciclette alle case di ringhiera). Il romanzo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio ha vinto il Premio Campiello 2020 ed è stato finalista al Premio Napoli e candidato al Premio Strega.

Titolo: Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
Autore: Remo Rapino
Editore: Minimum fax
Pubblicazione: 2019
Pag.: 265
Costo: € 17,00     

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