Mostra del Tintoretto a Venezia: 2018-2019

Per festeggiare i 500 anni dalla nascita di Jacopo Robusti, conosciuto come il Tintoretto, Venezia apre le porte al suo genio. Le opere saranno esposte nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia (relative al talento della giovinezza) e nel Palazzo Ducale (le opere dell’energia creativa della maturità).

Il Tintoretto è nato a Venezia il 29 Aprile 1519 e morto nella sua città il 31 maggio 1594 a 75 anni. È descritto come l’ultimo rinascimentale e precursore dello stile barocco. Suo padre era un tintore di stoffe: da qui il suo soprannome. Nella bottega del padre il suo spirito creativo e libero si esprime dapprima colorando le pareti con i colori che trovava nella bottega; il padre, accortosi della sua passione, non volle reprimerla, anzi, la volle incoraggiare e lo accompagnò dal maestro di allora, il Tiziano.

Le relazioni tra genitori e figli, la predisposizione dei primi ad osservare e capire i sogni dei figli, senza volerli chiudere nelle aspettative personali, possono rafforzare o smorzare un sogno o un talento, oggi come nel 1500. Le emozioni, le spinte a fare ciò che hai dentro all’anima, la voglia di rompere gli schemi e sfuggire a condizionamenti, non cambia negli anni e, spesso, i grandi talenti escono fuori da una grande forza ad andare avanti. Essere riconosciuti in questo fa nascere quell’appoggio, quella gratitudine e quella gioia a far sì che puoi procedere senza lottare anche contro chi ti è più vicino.

Il Tiziano pur essendo un grande maestro, temendo di essere offuscato dal talento di Jacopo, non lo tiene più nella sua bottega: è il 1530. Poco più che ventenne gli viene commissionato il restauro della residenza a San Paternian di Vettor Pisani, nobile e titolare di una banca. 16 tavole sul tema della Metamorfosi di Ovidio.

Nel 1547 comincia a lavorare all’opera La lavanda dei piedi; l’anno dopo lavora presso la Scuola Veneziana di S. Marco, dove dipinge Il miracolo di San Marco. La sua vita è costellata di grandi opere importanti. Nel 1555 l’artista con il soprannome Il Furioso, per il suo tratto e per l’uso deciso della prospettiva, dipinge la celebre pala con L’Assunta nella chiesa dei Gesuiti a Venezia.

Il pittore lavora molto e si scontra con altri competitivi pittori. Tiziano è uno degli artisti con cui si scontrerà più volte. Per bloccare tanta competizione, La Giunta delle Scuole di San Rocco, induce un concorso per l’assegnazione del lavoro dell’ovale di San Rocco in gloria. Nel 1564, Il Furioso, anziché presentare gli studi dell’opera, come faranno gli altri artisti, presenta direttamente l’opera, con tanto di misure e collocazione ove stabilito. Ottiene così l’incarico scatenando, come si può immaginare, il malcontento degli altri pittori.

La sua vita è ricca di grandi opere, di energia, coraggio, ambizione, decisione e quella voglia di andare vicino al limite e, a volte, superarlo. Osare oltre sembra il suo motto. È il suo Genio senza requie che oggi ci permette di vivere, insieme alle sue opere, i passaggi di stili nuovi, luce ed ombre, prospettive nuove. Un modo di vedere oltre, che è bello, possibile anche per chi resta immobile in una vita che vorrebbe cambiare. Un Genio che, regalando un talento così deciso e intramontabile all’umanità, regala anche un modo di riflettere sulla propria vita.

Ognuno conosce il proprio limite e sa che potrebbe superarlo, con i propri tempi e possibilità.
Oltre il limite consentito spesso c’è la nostra verità, la nostra conoscenza.

Il Tintoretto  usa la luce e il colore in modo coraggioso e ardito: lo immagino davanti ad una tela, quasi ad aggredire ciò che vede e sente per renderlo vero il più possibile, senza avere occhi per altro a quanto sente dentro, oltre ogni limite. Sfida la tela, i colori, le imposizioni, il tempo.

Un personaggio affascinante al di là della sua forza artistica fa nascere delle domande:

Quanto siamo disposti a rischiare, a combattere, ad osare per vivere i nostri talenti?
Quanto la paura di un cambiamento ci fa restare nel conosciuto?

1 Comments

  1. marialberti

    Inizi ad invecchiare, non nel senso della saggezza, è normale avanzare della vita, bensì nel diventare “vecchio”, quando rinunci a rischiare, quando non trovi più la forza di combattere per vivere i tuoi sogni, talenti.
    Alcuni la chiamano “maturità”, io la chiamo “morte”.
    Professionalmente ho rischiato molto, sempre. Forse troppo. Lo faccio anche oggi. E ho pagato, pago, anche un prezzo caro. Ma non so, non voglio far diversamente.
    Sui sentimenti ho smesso di rischiare molto presto. Penso sia sempre stata la paura della solitudine, accompagnata da quell’innata sensazione che la solitudine sia uno stato che mi appartiene, inevitabilmente. E l’ho pagato, lo pago, ad un prezzo caro.

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